Intervista a Monica Calamai, direttore generale dell’Ausl Ferrara e coordinatrice della community "Donne protagoniste in sanità"
Le donne sono in maggioranza nelle realtà sanitarie, ma solo il 27% ha posizioni apicali e comunque, a parità di ruolo, guadagnano anche il 20% in meno rispetto a un uomo. “Serviranno 131 anni per raggiungere la parità di genere”, afferma Monica Calamai, direttore generale dell’Ausl Ferrara e coordinatrice della community ‘Donne protagoniste in sanità’ citando “stime di istituti, anche europei che la realtà del gender gap (differenza di genere) sulla presenza delle donne in ambito di salute e istruzione in posti dirigenziali, di responsabilità a livello politico e istituzionale, senza considerare la questione del pay gap, cioè la differenza di salario tra uomini e donne”.
In Europa, secondo dati recenti, lavora il 67% delle donne, contro il 78% degli uomini, ma solo il 7,5% dei presidenti dei consigli di amministrazione e il 7,7% degli amministratori delegati è al femminile. Anche la retribuzione economica delle donne è, mediamente, del 16% più bassa rispetto a quella dei colleghi maschi (pay gap).
“Nel nostro Paese - continua Calamai - abbiamo un livello quasi equiparabile con il genere maschile sull’istruzione e la salute”, ma ci sono “dei distinguo perché le materie Stem - l'acronimo di Science Technology Engineering Mathematics - registrano una importante disparità tra maschi e femmine. Solo il 23-27% del genere femminile approccia a questo ambito, con ricadute anche a livello lavorativo dove le presenze e le posizioni apicali sono prevalentemente maschili”.
Paradossale la situazione in sanità in cui “abbiamo una ampia prevalenza femminile - osserva l’esperta - Tutta l’area delle professioni sanitarie, in particolare l’infermieristica, vedono 207mila donne contro a un terzo rappresentato dal genere maschile, ma negli ordini professionali e nelle posizioni apicali le presenze sono di genere maschile. Le donne direttori generali sono solo il 27%”. Se poi si analizza il divario salariale, nel settore sanità, per lo stesso ruolo, una donna arriva anche a guadagnare il 20% in meno di un uomo. “Sottolineare questo - aggiunge - è importante perché bisogna rilevare le differenze per giungere alla parità”.
Una grande contraddizione riguarda anche il gender pay gap, cioè la differenza salariare, inspiegabilmente presente anche a livello di amministrazione pubblica. Il motivo, secondo Calamai è dovuto “all’indennità di posizioni organizzative, che può avere retribuzioni diverse, a parità di funzione”. C’è poi anche il ruolo che una donna ha nella società. “L’abbiamo visto nel Covid”, ma era già noto che “sono soprattutto le donne a richiedere la 104”, cioè la possibilità di assentarsi dal lavoro “per dare assistenza a casa, svolgere la funzioni di caregiver”.
A pesare su questa differenza è “la mancanza di rete, servizi, welfare che possa consentire all’intera coppia di non sacrificare i percorsi di lavoro e di vita sociale - sottolinea Calamai - Questo è rilevante. Nelle graduatorie che abbiamo a livello europeo, l’Italia non è tra i primi 10 Paesi, ma si colloca tra la metà o sotto, penalizzata dalle scarse attribuzioni di ruoli apicali e gestionali e la non partita economica retributiva”.
La community ‘Donne protagoniste in sanità’ è nata da circa 3 anni con gli obiettivi “di portare avanti un pensiero al femminile in modo puro, senza contaminazione - spiega la coordinatrice - dove le donne che lavorano nel sociale e sociosanitario possano esprimere liberamente il pensiero e dare il loro contributo all’interno dei percorsi e dell’organizzazione sanitaria stessa”. L’associazione “ha anche la funzione importante di fare rete a livello di territorio nazionale e non solo”.
A fine 2022, “grazie a 2 anni di lavoro - chiarisce Calamai - sono stati conclusi degli agreement con reti sia a livello internazionale e che nazionale, come con ‘Inclusione donna’ contenitore di 60mila donne che raccoglie altre associazioni. Fare rete è importante sia per confronto, solidarietà, sorellanza”, ma anche per “fare pressione buona nei confronti delle istituzioni, per portare avanti obiettivi anche per le nuove generazioni, per colmare il gap di cui parliamo e migliorare i percorsi assistenziali. Non c’è solo la questione del gender gap, si portano a vanti anche altre istanze”.
La Community si caratterizza per aver strutturato un’intenso percorso e programma annuale. “Abbiamo messo a punto un sistema abbastanza originale - illustra Calamai - con tavoli di lavoro che ragionano su varie tematiche che vengono poi presentate come istanze a livello di Senato alla fine di ogni anno. I tavoli lavorano online su piattaforma gratuita, ma abbiamo strutturato anche i cosiddetti ‘caffè di protagoniste’- continua - perché le donne della Community, ogni 15 giorni si trovano in webinar su tematiche che possono andare dallo screening alla mammella”, cui partecipano esperti “di chiara fama, fino alla certificazione di bilancio che vale per la Pubblica amministrazione, ma anche per le aziende private, come confronto e stimolo”.
Quest’anno sono previsti “degli ‘aperi-protagonisti’, 3-4 eventi in presenza con la lettura di un libro da parte di autore o autrice, ma anche per parlare di intelligenza artificiale. Sono tematiche che si concludono con una discussione. A questo - conclude Calamai - si affianca la “Convention di ‘Donne protagoniste’ a giugno a Bologna sul tema del DM77, cioè l’assistenza sanitaria territoriale, le trasformazioni del sistema sanitario dal punto di vista del genere, con interventi di politici, decisori e le persone operative che devono poi tradurre in pratica tutto questo”.