Le persone con tumore al seno metastatico che, grazie alle nuove terapie oncologiche, possono tornare a lavorare, “hanno a disposizione un pacchetto di diritti mirato a tutelare la loro salute e a garantire la partecipazione alla vita lavorativa”. Lo spiega Domenico Tambasco, avvocato giuslavorista in un articolo dettagliato sul sito 'E' tempo di Vita', che dà voce alle donne che convivono con una diagnosi di tumore al seno avanzato e alla loro necessità di dare un nuovo valore al tempo. “Il diritto più rilevante per questi pazienti - continua - è la possibilità di richiedere la trasformazione del contratto di lavoro da full-time a part-time. Questo diritto si applica nel caso in cui la malattia sia degenerativa e venga certificata dall’azienda sanitaria territoriale. Non si tratta di una facoltà del paziente, ma di un diritto che il datore di lavoro deve riconoscere, pur avendo la possibilità di decidere l’entità della riduzione dell’orario”.

Un altro diritto cruciale è quello relativo ai permessi lavorativi, “previsti dalla legge 104 del 1992 - precisa l’esperto - che garantisce 3 giorni di permesso al mese, frazionabili in ore, o 2 ore al giorno (ridotte a una se l’orario è inferiore a 6 ore). I pazienti con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono inoltre beneficiare di un congedo fino a 30 giorni all’anno. Tra i diritti previsti dalla legge 104 vi è anche l’assegnazione della sede di lavoro più vicina al luogo di residenza e il divieto di trasferimento o di assegnazione a lavori notturni. La normativa italiana riconosce anche tutele per i caregiver, ossia coloro che si prendono cura di pazienti oncologici, come il diritto a un congedo straordinario retribuito di 2 anni se il caregiver è un familiare stretto del paziente. Per i pazienti stessi, è previsto il diritto di richiedere modalità di lavoro agile (smart working). Il datore di lavoro è obbligato a garantire le condizioni lavorative più idonee, proteggendo l’integrità psicofisica del paziente, come stabilito dall’articolo 2087 del Testo Unico sulla Sicurezza. Questa protezione si estende anche alla rimozione di eventuali fattori stressogeni, come previsto dal comma I dell’art. 28 dello stesso Testo Unico, e confermato da recenti sentenze della Corte di Cassazione”.

Un altro aspetto fondamentale riguarda “la tutela contro ritorsioni e discriminazioni verso i lavoratori affetti da gravi malattie - chiarisce Tambasco - La legislazione antidiscriminatoria, in particolare il Dlgs 216 del 2003, prevede la nullità degli atti discriminatori e il risarcimento del danno. Il datore di lavoro è quindi tenuto a garantire tutte le misure organizzative necessarie per consentire al paziente di svolgere il lavoro in base alle sue nuove capacità, assicurando protezione da possibili ritorsioni. A livello regionale, esistono inoltre bandi e programmi volti al recupero o all’acquisizione di nuove competenze lavorative, per agevolare il reinserimento dei pazienti oncologici nel mondo del lavoro. Questi programmi, che includono anche percorsi di counseling, sono sostenuti dalle raccomandazioni della Commissione Europea, che fin dal 2001 ha esortato gli Stati membri a implementare misure per favorire la massima integrazione dei malati oncologici nel contesto lavorativo. Grazie a queste normative, diffuse in tutta l’Unione Europea - conclude - è possibile contrastare l’esclusione dei pazienti oncologici e garantire un trattamento equo e dignitoso nel mondo del lavoro”. Per approfondimenti etempodivita.it