Cure innovative, spesso somministrate oralmente a casa, permettono di cronicizzare la malattia oncologica, prolungando la sopravvivenza e migliorando significativamente la qualità della vita. “Tornare al lavoro, per le donne con tumore al seno metastatico, è possibile e notevolmente auspicato”, afferma Carmelo Bengala, direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, sottolineando, in un articolo pubblicato nel sito ‘è tempo di vita’ l’impatto psicologico positivo che il rientro al lavoro ha sulle pazienti.
La “storia naturale della malattia è cambiata” negli ultimi anni grazie ai progressi della ricerca, spiega Bengala. “Sebbene il carcinoma mammario metastatico rimanga una patologia complessa, caratterizzata da forme più o meno diffuse - illustra l’oncologo - l’innovazione diagnostica e terapeutica ha portato allo sviluppo di farmaci mirati per i vari tipi di tumore, inclusi quelli ormonosensibili e quelli che iperesprimono la proteina Her2”. Le nuove cure “permettono un trattamento a bersaglio molecolare, riducendo la tossicità e migliorando l’efficacia, contribuendo a una maggiore durata della risposta al trattamento e a un ritorno a una vita il più possibile normale”.
I trattamenti attuali, “incluso l’uso di farmaci veicolati da anticorpi monoclonali - precisa Bengala - hanno aumentato notevolmente l’efficacia riducendone la tossicità”, cambiando la storia della malattia. Questo permette alle donne, “spesso giovani e attive, di riprendere le proprie attività, incluso il lavoro, anche in presenza di una malattia cronica. Tuttavia - sottolinea Bengala - serve un cambio di mentalità da parte delle pazienti, che a volte faticano ad accettare la possibilità di un ritorno alla vita normale. Compito dell’oncologo è trasmettere loro questa consapevolezza, evidenziando non solo i dati clinici, ma anche i miglioramenti nel benessere complessivo”. Anche nel caso di recidiva, che può presentarsi in singole o multiple sedi, le nuove terapie permettono infatti “di ottenere risposte rapide, consentendo alle pazienti di riprendere presto le loro attività quotidiane, compreso il lavoro. La sopravvivenza in assenza di progressione della malattia - ricorda l’oncologo - è estremamente prolungata” grazie alle nuove cure, con “tempi di vita che possono raddoppiare rispetto ai trattamenti precedenti” e favorendo così la possibilità di poter usufruire di nuove opportunità terapeutiche arrivo grazie alla ricerca.
In questo contesto, Bengala mette in risalto l’importanza degli studi clinici, che “offrono alle pazienti la possibilità di accedere a terapie sperimentali in caso di tumore resistente. Tuttavia, questa opportunità è limitata ai centri specialistici di alto livello, come le Breast Unit, dove le pazienti ricevono una cura multidisciplinare. Spesso - rileva - le pazienti hanno paura di tornare al lavoro, ma il coinvolgimento negli studi clinici e il sostegno psicologico e familiare possono aiutare a superare questi timori”. Sebbene non si vogliano creare false speranze, “la prospettiva di recuperare una certa normalità - conclude - è reale, soprattutto se le pazienti sono motivate e sostenute, non solo dai medici, ma anche dai familiari”. Ulteriori approfondimenti nel sito etempodivita.it